Le sette in India

In tutta l’India è facile imbattersi in incongruenze religiose a volte paradossali per voi italiani, abituati a una religione dogmatica e strutturata come quella cattolica.

Le sette in India L’induismo, invece, e non solo esso, si è frammentato, pur mantenendo un’unità originaria, in varie sette o scuole che si indirizzano verso l’adorazione di una divinità piuttosto che di un’altra.

Non è difficile riconoscere i VAISHNAVA, devoti del dio visnu poiché portano tracciate sulla fronte, come segno di riconoscimento, una linea perpendicolare rossa e due linee oblique bianche.

Appartenenti alla stessa setta si possono considerare anche i KRISHNAITI, i fedeli del dio Krishna che viene concepito come una susseguente reincarnazione del più antico dio Visnù.

I Krishnaiti si rifanno alla Bhagavad Gita e ai Bhagavat Purana, testi sacri dell’India che raccontano le avventure eroiche e leggendarie del dio che uccise il drago che molestava gli abitanti di Mathura, città sacra a Krishna perché la tradizione vi ravvisa il luogo della sua nascita, avvenuta nel IV millennio prima della nostra era.

I seguaci di questo dio credono nella bakthi, cioè l’azione devota verso la comunità, esercitata assistendo i malati e i bisognosi, per raggiungere la propria illuminazione.

Questa corrente si divide a sua volta in quattro diramazioni: quella che venera il Krishna della storia, Vasudeva ; quella che venera Krishna Bhagavat : quella dei Bala Krishna, il dio bambino ; e infine coloro che venerano Krishna Gopal, il dio pastore raffigurato nelle miniature, che si dedica ai giochi erotici con le pastorelle che come ninfe passeggiano con lui nei boschi descritti da Jayadeva (poeta e fervente adoratore del dio,vissuto nel XII secolo) nel poema pastorale Gita Govinda.

Un’altra importante corrente filosofica e religiosa dell’India è lo SHAKTISMO, i cui fedeli, adorando la dea Shakti, dimostrano la preferenza per l’energia femminile che permea tutto l’universo, in un culto simile a quello della Grande Madre, comune a moltissime civiltà mediterranee dell’antichità.

La dea, fonte d’amore e di tenerezza, viene venerata anche nella sua controparte terrifica, seminatrice di morte tra coloro che infrangono la legge divina : il suo nome diventa allora Durga o Kali, colei che dimora nell’Himalaya, e viene rappresentata iconograficamente cinta di teschi umani e di serpenti, in una interpretazione di origine anarya, cioè non arana.

Propria di questo culto è l’offerta di sacrifici rituali all’immagine della dea.

I GANAPA (Ganapatya) sono i fedeli che adorano Ganesha, il dio dalla testa di elefante, figlio, secondo una tradizione, di Shiva e Parvati, e secondo un’altra, invece, nato dalla fronte di Shiva e mutato in elefante dall’ira di Parvati, gelosa di questa nascita avvenuta senza la sua cooperazione.

Ganesha, ora simbolo della sapienza e della letteratura, in origine era adorato come dio della fecondità e del lavoro, e ancora oggi viene invocato all’inizio di ogni attività di rilievo.

Tra le sette religiose più antiche troviamo I SAURYAPATHA, devoti di Surya. I’antica divinità del sole dei Veda. Uno dei rituali più seguiti dai fedeli è la preghiera al sole nascente ( Surya Namaskar) che rinnova il ciclo eterno della vita.

Tra le correnti non propriamente religiose, ma che si inseriscono direttamente nel pensiero induista per induista per l’importanza loro attribuita da alcune scuole, va compreso L’HATA YOGA.

In origine tale disciplina nacque infatti come rivolta alternativa a quelle forme di ascesi mistica comuni alle correnti speculative e filosofiche del periodo storico.

Attraverso questa tecnica l’adepto può sperimentare il controllo sul proprio corpo, esaltandone le capacità a dispetto della concezione buddista del corpo come dolore. Gli asceti di yoga vengono chiamati siddhi o yogi, cioè coloro che hanno saputo dominare con la volontà il proprio corpo e l’energia ( denominata Kundalini) che in esso è racchiusa.

La meta fisica dello yoga è infatti di permettere al corpo di sbloccare l’energia vitale che circola in forma di respiro. ll mezzo più importante per giungere al grado di siddhi è la pratica del pranayama o scienze del controllo del respiro, secondo la quale occorre respirare in un certo modo armonico affinchè il respiro e la mente corrano su di uno stesso filo.

Con il padmasana, la posizione a loto tipica di moltissime raffigurazioni di divinità indù, e l’osservanza delle complesse pratiche ascetiche dell’Hata Yoga si può raggiungere l’illuminazione definite Asamprajnatasamadhi, <<assorbimento supremo>>

Due correnti si distaccano da quelle appena citate per una specifica importanza che hanno avuto all’interno della religione Indiana. La prime è il tantrismo, la seconda il lamaismo tibetano.

Il TANTRISMO (così detto dai libri canonici Tantra, redatti nel VI secolo d.c.) è uno degli atteggiamenti religiosi indiani che più ha interessato il mondo occidentale.

Lo si può definire un’interpretazione magica e occulta della religione induista.

Sembra infatti che abbia avuto origine da quelle correnti sciamaniche dei guru o degli yogi dell’induismo e del buddismo che nel VI secolo d.C. incominciarono ad opporsi alle pratiche rivendicando una totale compartecipazione dell’uomo natura.

Nel tantrismo si ha il ritorno alla dea madre Aditi prevedica, adorata sotto forma di pura potenza femminina nella dea Kali e in Durga della cento braccia, e dell’amore consorte di Shiva. Secondo il pensiero dei Tantra, tutta la nature deriva da una dea: dalla dea dell’abbondanza ad Annapurna, dea dei monti, da Laksmi consorte di visnù a Maryammei, dea del vaiolo e della morte.

La figura maschile più importante in questa correnteè il dio Shiva ; l’entità che egli forma con la sua controparte femminile Shakti simbolizza i due principi opposti ma complementari del del maschile e del femminile, Nella metafisica dei Tantram infatti, ogni manifestazione è bipolare suprema.

Ecco quindi che l’arte tantrica rappresenta il dio Shiva nella sua forma androgina di Ardhanarisvara, il dio metà vestito con abbigliamento maschile e per metà di corpo femminile.

Il fedele tantrico deve percorrere le stesse tappe del dio per conquistare quell’equilibrio metafisico che consente di raggiungere l’armonia dei due principi polari : poichè il corpo viene considerato parte integrante del cosmo, egli deve, per ottenere la propria illuminazione, seguire spontaneamente gli impulsi fisici utilizzando particolari formule rituali ( mantram) e alcune tecniche di meditazione (dharana).

Come accade per altre correnti, anche il tantrismo si divide in due scuole diverse, quella della <<mano destra>> o Daksinatantra e quella esoterica della <<mano sinistra>>o Vamatantra.

La prima assomiglia alle scuole yoga, mentre la seconda, praticata da un ristretto numero di fedeli, ha un suo rito peculiare per risvegliare l’energia vitale : la pratica del mithuna, accoppiamento sessuale che esprime la congiunzione tra il dio Shiva e la dea Shakti, il principio maschile e quello femminile.

Ma l’atto non deve permettere il raggiungimento dell’emissione seminale, in quanto è tramite il controllo che lo yogi tantra raggiunge l’esperienza metafisica del congiungimento dei contrari, proposta non troppo paradossale per il pensiero surrealista del’India.

Il LAMAISMO (lama significa <<maestro>>) del Tibet è una sintesi del buddismo dell’India con la religione sciamanica dei Bon delle regioni himalayane compresse tra il Ladakh e il Bhutan.

Il fondatore di tale culto è padma Shambava, un kashmiro ( che la leggenda vuole nato da un fiore di loto) presente in Tibet verso la prima metà dell’Vlll secolo d.C. In seguito altri riformatori enunciarono la teoria cosmologica secondo la quale il monte Meru (il Kailash) è la dimora degli dèi, i quali dominano su quattro mondi di cui uno solo è il nostro, mentre gli altri sono mitici.

Il lamaismo è caratterizzato da un complesso rituale liturgico che prevede per i sacerdoti abiti cerimoniali fastosi, ma la sua dottrina discende direttamente dal buddismo mahayana e prevede che tutti gli esseri possono liberarsi dal ciclo della nascita e della morte e raggiungere il nirvana se seguono con determinazione un metodo in cui hanno grande importanza la mistica e la pratica dello yoga.

Capo spirituale del buddismo tibetano è il Dalai Lama (<<il maestro [ la cui sapienza è infinita come l’] oceano>>), considerato la reincarnazione del Buddha Avalokitesvara.

Questi un tempo risiedeva nel monastero di Potala a Lasha ; oggi, dopo l’invasione cinese del Tibet, si trova pressi Macleodgangji, una piccola cittadina nella campagna indiana dell’Himachal Pradesh.

Alla morte del Dalai Lama, per nominarne il successore viene seguito un particolare rituale : ad alcuni bambini, scelti perché in possesso di precisi requisiti, vengono presentati degli oggetti, di cui uno solo appartenuto al defunto : chi lo individua viene riconosciuto come nuovo capo spirituale della comunità.

Anche se il Dalai Lama è il personaggio piú famoso del lamaismo, non per questo bisogna disconoscere l’importanza di un altro maestro, il Tashi Lama, il quale viene considerato la reincarnazione del Buddha Amithaba ed è a capo della corrente di pensiero dei <<berretti rossi>> o Nyingmapa.

Il buddismo tibetano, infatti, dopo i’incontro con le scuole sciamaniche e magiche dei Bon si divise nella setta dei <<berretti gialli>> asceti che trascorrono la propria vita in cavità rupestri praticando arti magiche come il loro maestro spirituale Milarepa, e in quella dei <<berretti rossi>>, che si college alla figura di Padma Shambava.

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